pensaterosa

25 ottobre 2010

Gli anseri: Le tradizioni perdute e le nuove che si formano

Filed under: Uncategorized — pensaterosa @ 09:42
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Si tratta di castagne lessate e poi seccate. Facevano parte del cesto di frutta secca che si portava in tavola per Natale. Hanno un sapore gradevole simile a quello del castagnaccio.

Perché parlarne? Un poco perché si tratta di un prodotto che va scomparendo, un poco perché il termine con il quale l’ho proposto è Bolognese e con questo nome viene messo in vendita al mercato di mezzo di Bologna. Piccola ma significativa manifestazione di una bolognesità che anche qui tende ad essere sopraffatta dalla presenza, peraltro non così diffusa come altrove, di operatori commerciali delle etnie più diverse.

Quando le tradizioni, senza essere aggiornate, semplicemente scompaiono, scompaiono anche le radici di un popolo e, senza radici, il popolo si isterilisce e muore. Esattamente quello che avviene in Italia dove nascono sempre meno figli di Italiani e sempre più figli di stranieri, insufficienti comunque, gli uni e gli altri, a coprire i vuoti delle generazioni che scompaiono. L’immigrazione diviene così la soluzione necessaria a sostenere una produzione capace di mantenere nuove e vecchie generazioni.

Cerchiamo di riscoprire le nostre tradizioni e come sono state stravolte: i portici, piazza Maggiore,il canale di Reno nel tratto di via riva di Reno ed il Pincio a Bologna ad esempio.

I portici. Non esiste altro luogo al mondo ove siano così diffusi, e questo lo sanno tutti.

Nacquero con l’espansione urbana per creare nuovi spazi abitativi conservando la viabilità esistente, anzi migliorandola perché in parte coperta, il tutto senza dover ampliare la cinta muraria.

I portici originariamente dovevano avere un’altezza che consentisse il passaggio di un uomo a cavallo e da tale origine derivò la loro natura di bene atipico: pubblico ma con l’obbligo per il privato proprietario della casa aggettante di curarne la manutenzione e la pulizia.

Alcuni anni or sono il comune decise di accollarsi la pulizia dei portici, ……, un momento di civiltà scomparve e gli effetti più devastanti si vedono nelle situazioni d’emergenza, come per la nevicata ghiacciata del Dicembre 2009, quando nessuno pulì i portici dalla neve e dal ghiaccio né tanto meno sparse segatura e tante persone si ruppero qualche osso. Un tempo non molto lontano questo non sarebbe accaduto!

Piazza Maggiore. Come ogni piazza di quelli che furono i liberi comuni italiani ne era l’agorà ed insieme il luogo di incontro ed il mercato.

I più anziani tra noi ricordano ancora il mercato del Venerdì ove agricoltori e mediatori si incontravano per le compravendite di tutto quanto riguardava il mondo agricolo con i contratti conclusi con strette di mano rafforzate dalle mani del mediatore che pronunciava le formule di rito.

Anche i più giovani hanno potuto vedere i numerosi capannelli che si riunivano ogni sera per interminabili discussioni politiche. Quelli esistono ancora ma sono l’ombra di quelli di un tempo.

Per non parlare del “crescentone” sembrava che dopo la liberazione sarebbe stato eliminato rapidamente. Ci si è limitati a trasferire ai giardini Margherita la statua equestre del re ma il “crescentone” è ancora lì. Cosa c’entra con la piazza? È stato sfregiato volutamente facendovi salire e scendere trattori cingolati quasi ad anticipazione della sua eliminazione ma poi …….

Il Pincio a Bologna? Ovviamente no ma, a parte la scalinata che porta alla Montagnola, esisteva un piazzale, quello d’accesso all’ex convento che costituisce la parte più antica del Rizzoli, dal quale si aveva una splendida veduta di Bologna. Vi si arrivava con un filobus che vi faceva manovra per ritornare in centro ed era meta di coppie di innamorati e di rari gruppi di turisti: una meraviglia di silenzio e di panorama.

Poi venne un amante del verde (tenete presente che tutto intorno, salvo verso la città, è uno splendido bosco di abeti che si collega alla foresta appenninica con rare interruzioni) e costui decise di piantare abeti anche sul ripido, verde, pendio verso Bologna e addio panorama. Da allora non vi vado più salvo nelle rare occasioni di mostre o manifestazioni che coinvolgono gli splendidi spazi del convento………. Ebbene, gli idioti esistono? Si!….. Poi improvvisamente comincia a girare l’autobus rosso per i turisti e decide che nel suo percorso debba esserci la vista dal nostro Pincio ed allora? … un bello sbrago tra gli alberi e via così. Solo che fa schifo e non è sufficiente.

Fa schifo perché invece del bel prato verde che invitava alla veduta ci sono zoccoli di alberi mozzati ed aghi di pino secchi: alcune tracce di morte in luogo dei mille e mille fili d’erba ben vivi.

Non è sufficiente perché la vista è limitata rispetto ad allora. Occorre togliere tutti gli abeti piantati quaranta anni fa, sistemare il terreno e piantarvi l’erba: il panorama non è capitalista ma del popolo, di tutto il popolo e, quando si fa una cazzata e ci se ne rende conto, meglio rimediarla per intero ed alla svelta! Capito?

Il canale di Reno, nel tratto che si conclude alla grada (grata), era scoperto e, nella tratta finale, svolgeva d’Estate la funzione di una piscina mentre, nella tratta tra via Marconi (allora via Roma) e via S. Felice era la lavanderia di Bologna.

Fortunatamente oggi esistono le lavatrici e lavori migliori di quello delle lavandaie di un tempo, destinate all’artrite ed al “ginocchio della lavandaia”, ma anche questo modo di “sopravvivere” ha fatto parte della nostra storia ed è bene non perderne la memoria, se non altro per evitare di ripercorrere la storia all’indietro.

Proprio in questi giorni si sta discutendo sull’opportunità di riscoprire il canale ……… “Grandi lavori, grandi guadagni” soleva gridare per i corridoi della mia facoltà un vecchio bidello che aveva conosciuto mio padre nel rifugio sotto l’osservatorio della specola.  Ma, in questo caso, ben vengano.

Le tradizioni non debbono essere dei fossili da preservare ma vanno rinnovate e vivificate da processi culturali profondi basati su una conoscenza diffusa e condivisa. Il continuo rinnovamento della popolazione non sarebbe un ostacolo se le nuove culture non si autoenclavizzassero come spesso accade. La diversità potrebbe anzi scatenare le intelligenze e rinnovare la cultura della società. Ovviamente è indispensabile una cultura di base che si rinnovi continuamente nelle scuole, nell’Università e nella società.

Purtroppo sembra che si vada indietro anziché in avanti, e non parlo del numero degli insegnanti ma dei fondi per la ricerca e delle borse di studio per i giovani. Unica eccezione pare essere Niki Vendola, per quanto ha dichiarato avere fatto in Puglia, ……, è forse proprio per questo che anche la sua area politica lo voleva far fuori?

A Trento prima ed oggi anche in altre città si è inventato il “pedibus”, un modo di raggiungere la scuola a piedi, fin dalle elementari, creando gruppi di bambini che crescono di numero via via che si avvicinano alla scuola. Questi gruppi sono accompagnati di volta in volta da genitori diversi e consentono una conoscenza tra i bambini che oggi è scomparsa con la scomparsa della “cultura del cortile” che la mia generazione ha conosciuto. Come sottoprodotto di “pedibus” diminuisce l’inquinamento da circolazione di auto per l’accompagnamento a scuola dei bambini.

A Siena si è riattivato sperimentalmente il mercato in piazza del campo. Hanno potuto proporre le loro merci solo coloro che avevano prodotti tradizionali della regione, soprattutto alimentari. L’evento ha avuto grande successo e si sta studiando se renderlo periodico. L’esempio è stimolante, perché non imitarlo? ….. dopo aver tolto il crescentone ovviamente!

A Faenza, in occasione della mostra internazionale della ceramica si è attivato, già da alcuni anni, un mercato dei maiolicari, sia faentini che di altre città e nazioni.

Faenza è la capitale mondiale della maiolica che nelle varie lingue europee si chiama Faenza. Domandiamoci di cosa siamo il centro del mondo e valorizziamolo! Piccole cose direte, ma sono il centro e la matrice dell’animus loci e della cultura di un popolo, fatta di tante microculture che si intrecciano e si arricchiscono.

Un grande sindaco di Bologna, Zangheri, aveva promosso un festival della cucina italiana invitando alcuni famosi ristoratori a proporre, in stands appositamente predisposti, la propria cucina. Era l’inizio di un’operazione a grande respiro che potremmo chiamare “oltre la sagra del tortellino” ma venne immediatamente bloccata perché i suoi compagni temevano sottraesse clientela al festival dell’Unità ed i ristoratori della città non erano da meno con le proteste. La clientela del festival è comunque calata, la cucina che si gusta nei risoranti bolognesi è calata di qualità ed aumentata nei prezzi e Bologna ha perso una grande occasione.

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